martedì 3 settembre 2013

La storia dei cosmetici #2 Cosmetica&Cultura

Continuiamo il discorso iniziato ieri nella nuova rubrica "La storia dei cosmetici".

Si parlava dei valori permanenti e fluttuanti della bellezza: ecco uno schema dei valori universali e permanenti e l'importanza dell'azione cosmetica per raggiungere l'ideale di bellezza. 

Questi canoni di bellezza sono rimasti sostanzialmente immutati nel tempo e nello spazio e molto probabilmente resteranno costanti anche nel futuro, tuttavia la società moderna si ispira anche a criteri puramente eterei ed effimeri. L'ideale di bellezza che ci viene proposto quotidianamente non ha più spessore delle pagine di un rotocalco e non dura neanche dodici mesi di qualche calendario. La variabilità di questi canoni è ben esemplificata dai valori fluttuanti, dettati da ragioni sociali, economiche, politiche, filosofiche e morali.
Eccone alcuni esempi:


La società in cui viviamo contribuisce a creare i nostri valori fluttuanti. Si prenda il caso del colore della pelle. Nei paesi europei, in cui la maggioranza della popolazione è caucasica, tradizionalmente si associavano valori positivi ad una pelle diafana e pallida. Fin dalle favole che ascoltiamo da bambini, impariamo a temere l'uomo nero e anche a tenerci alla larga dalle vecchie scure, potenziali streghe. Elena di Troia, bella tra le belle, è ricordata per la pelle candida. Biancaneve, famosissima principessa delle fiabe, deve il proprio nome proprio al colore della sua pelle bianca come la neve.


Elena di Troia di Dante Gabriel Rossetti (1863) e Biancaneve di Disney

Il Medioevo è costellato di sante pallide per la penitenza, la cui anima immacolata quasi traspare sotto la pelle cerea. In ambiente più mondano, anche le dame ispiratrici dell'amor cortese sono bianchissime. Costrette a passare la vita in prigioni dorate, di rado lasciano la penombra dei loro appartamenti e, quando lo fanno, sono sempre pesantemente abbigliate. La pelle, mai esposta al sole, rimane finissima e bianca, al punto da lasciare trasparire le vene alla base del collo e sulle tempie (da qui deriva il modo di dire: "i nobili hanno il sangue blu").



Santa Chiara d'Assisi e dame medievali

In epoche successive le signore cominciano a metter piede fuori casa, ma il bianco è comunque assicurato da abbondanti spolverate di cipria.


La vera rivoluzione avviene nel primo dopoguerra, quando il boom economico e la maggiore disponibilità di ricchezza determinano un significativo mutamento nelle abitudini di vita della gente comune. Fino ad allora la pelle abbronzata o bruciata dal sole indicava la necessità di passare molto tempo all'aperto, lavorando nei campi, nell'edilizia o in mare ed era segno di una condizione umile. Dopo il boom, gran parte dei lavoratori vengono trasferiti dalle campagne alle fabbriche ed agli uffici. La pelle abbronzata passa presto ad indicare chi può permettersi di non lavorare o di trascorrere alcuni periodi dell'anno in vacanza, magari in qualche paradiso tropicale. Il bianco pallido comincia ad odorare di stantio e di reclusione, mentre l'abbronzatura profuma di sport, vita all'aria aperta e paesi esotici.

In spiaggia nel primo Novecento

Tennis nel primo Novecento

Paul Gauguin, Vahine no te tiare

Paul Gauguin, Te tamari no atua

Anche la percezione del grasso corporeo muta in funzione dei fattori sociali. La valutazione estetica del grasso corporeo è inversamente proporzionale alla disponibilità di cibo: là dove questo è scarso o insufficiente, l'essere grassi è segno di distinzione e potere e quindi ritenuto bello, nel caso invece l'accesso alle scorte alimentari sia agevole per tutti, è la magrezza ad essere esaltata. I nostri antenati preistorici si sono schierati senza dubbio a favore dell'abbondanza regalandoci capolavori come le notissime veneri primitive. Seni grossi e pesanti che gravano sul ventre gonfio, in un trionfo di opulenza, sono un monumento alla fertilità che magnifica ed esalta i ruoli tradizionali della donna: procreare e nutrire.

Venere preistorica

Donna dei primi del Novecento

Marilyn Monroe, classico esempio di bellezza formosa

Modella anni 2000

Sono necessari molti secoli per l'elaborazione di un concetto diverso, fissato nel canone di Policleto, ispirato a più sani criteri di ordine e misura, che descrive un corpo ideale ma possibile. L'arte scultorea greca ci regala capolavori imperituri come la Venere di Milo e l'Hermes di Prassitele: il corpo è ancora morbido e le forme tornite, ma si abbandonano gli eccessi preistorici. L'abbondanza ritorna di moda nel periodo dell'alto Medioevo, quando un'alimentazione sufficiente è un lusso che pochi possono permettersi. Sovrani, nobili e ricchi opprimevano una popolazione tutto sommato mingherlina non solo col peso delle tasse, ma anche con la loro stazza fuor di misura.

Schema dei canoni di Policleto


La Venere di Milo e l'Hermes di Prassitele

Di nuovo, dal mutare degli stili di vita, muta il capriccioso ideale della bellezza. Attualmente nei paesi industrializzati, lo sviluppo economico riesce a garantire praticamente a chiunque la possibilità di alimentarsi a sufficienza: l'abbondanza non è più segno di particolare benessere sociale. Semmai è segno di qualche disfunzione fisiologica o quanto meno dell'incapacità di controllare i propri istinti e, in questo senso, variamente deprecata o commiserata. Nella nostra società, sono le persone benestanti a disporre di più tempo da dedicare a se stesse, attraverso la pratica di un'attività sportiva o frequentando centri di benessere e prestando maggiore attenzione all'alimentazione. Studi statistici dimostrano come le persone di estrazione sociale inferiore preferiscano spesso cibi economici, ricchi di grassi, zuccheri e sale, ma alquanto poveri a livello nutritivo; questa fascia della popolazione tende a non praticare sport e dispone di meno tempo libero.




Fonte: A. Capozzi, S. Sala, C. Delucca, M. Conti, Manuale professionale di cosmetica, Zuccari ed., Trento 2010.

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