I reperti archeologici più antichi che testimoniano l'utilizzo di prodotti cosmetici sono stati ritrovati in Egitto e risalgono al 4000 a.C. I cosmetici nell'antico Egitto avevano una forte valenza religiosa non solo perché erano impiegati nelle cerimonie di purificazione e nella mummificazione, ma anche perché servivano a ridare la vista al dio Horus. Si narra che nella lotta con Seth, dio delle forze del male, Horus, figlio di Iside e Osiride, perse un occhio. Gli occhi di Horus rappresentano il ciclo vitale del Sole e della Luna, della notte e del giorno, della luce e delle tenebre. Per ridare a Horus l'occhio perduto e ritrovare l'equilibrio universale, venne utilizzata la stibnite della anche kajal o kohl. L'occhio nero con un lungo prolungamento a forma di goccia che si trova raffigurato in numerosi sarcofagi è, infatti, l'occhio di Horus, simbolo di integrità, salute e salvezza. Nel mito di Horus ricorrono anche altre sostanze oltre al kohl: unguenti, oli e cosmetici venivano portati dal sacerdote al cospetto del dio per restituirgli forza e vigore.
Gli Egizi possono essere considerati gli inventori della cosmesi, dal momento che per loro non aveva solo uno scopo rituale, ma era anche una pratica abituale, che seguiva ricette e regole ben precise. Un'arte che accosta alla tradizionale valenza magico-religiosa, quella seduttiva, ma soprattutto curativa: uomini e donne di ogni ceto sociale erano molto rigorosi nelle norme igieniche, amanti di parrucche e cosmetici, che venivano utilizzati anche per prevenire scottature, attacchi parassitari o congiuntiviti.
Spesso decorare una porzione del corpo si traduceva in un atto propiziatorio e scaramantico, teso a preservare quel punto da malattie o da traumi. Tenendo conto del fatto che allora i danni maggiori all'organismo erano arrecati da scottature solari, abrasioni della sabbia del deserto e congiuntiviti, ci possiamo rendere conto dell'importanza assunta dalla cosmesi curativa nell'antico Egitto. I primi cosmetologi furono i sacerdoti. Proprio per il loro aspetto curativo, i cosmetici erano considerati, alla stregua dei prodotti alimentari, beni di prima necessità.
Sacro e profano si mescolavano nelle norme igieniche: l'abluzione, rito religioso garante di purezza, era obbligatoria per i sacerdoti, ma anche l'uomo comune si lavava più volte al giorno.
I capelli di uomini e donne, rigorosamente rasati, erano sostituiti da parrucche che seguivano la moda dell'epoca.
La pelle veniva resa lucida e uniforme spalmandovi un unguento giallo ocra e un leggero tratto tratto di blu si usava per evidenziare le vene delle tempie e del collo. Liscia e glabra, la pelle era simbolo di purezza per i sacerdoti, ma anche una componente erotica importante per le donne che, oltre a pinzette e rasoi, avevano a disposizione ricette per cerette depilatorie e prodotti lievemente abrasivi a effetto peeling.
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