Dopo il Medioevo, dominato dalla presenza incombente di un Dio severo, l'uomo si riappropriò del centro dell'universo. Egli divenne misura di tutte le cose e tutti i suoi aspetti, sia fisici sia intellettuali, vennero rivalutati. La ninfa medievale scese dal limbo dei sensi in cui era reclusa e si riappropriò della fisicità: rivendicava le forme arrotondate e morbide e riscopriva un po' alla volta il gusto di adornarsi. I sangue riprese a fluire sotto la pelle risvegliando la carne e donando all'incarnato colori sensuali e caldi.
La sete di bellezza era presente in ogni forma artistica: pittura, scultura e architettura erano finalizzate alla continua ricerca di soddisfazione e godimento del corpo. I trattamenti riservati al corpo non erano più visti alla stregua di artifici di stregoneria, ma come vera e propria arte, un mezzo per onorare ed esaltare l'opera di Dio.
Letterati e filosofi elaborano astratti canoni di bellezza come:
La donna perfetta deve avere tre cose bianche, ovvero la pelle, le mani e i denti; tre rosse, le labbra, le guance e le unghie e tre nere, gli occhi, le ciglia e le sopracciglia.
Le dame dell'epoca, che ritroviamo in Botticelli e Tiziano, erano bionde: spopolava il cosiddetto biondo veneziano, ottenuto con un preparato schiarente in posa sui capelli poi lasciati asciugare al sole utilizzando un cappello a tesa larga con un grosso foro centrale da cui la capigliatura usciva. Con questo sistema si riusciva a lasciare scoperta la sommità del capo, per consentire il fissaggio del colore, e a proteggere la pelle di viso e corpo dal sole. L'incarnato, infatti, era rigorosamente bianco, schiarito con l'uso della biacca opaca. Il candore del volto era sempre molto importante, in quanto espressione di nobiltà e purezza d'animo. Le scollature si approfondivano, scoprendo il seno rigorosamente incipriato; le mani, anch'esse bianche, indossavano ogni notte dei guanti al cui interno si trovava un miscuglio schiarente a base di miele, mostrarda e mandorle amare. L'abbronzatura venne messa al bando e le donne utilizzavano veli e ciprie per proteggere il decolleté. Fece la sua comparsa il rossetto, ad uso esclusivo delle persone di rango e indossato indistintamente da uomini e donne.
Risale a questo periodo la parola maquillage con il significato negativo di "barare", "truccare". Anche gli uomini non disdegnavano l'uso di cosmetici, profumi, fard e ciprie, soprattutto per nascondere le cicatrici o i segni di vergognose malattie. Ritornano in voga i finti nei per coprire lentiggini ed altre discromie cutanee. Presto questa pratica giunse a sviluppare un linguaggio proprio. Infatti, a seconda della posizione, il neo assumeva significati diversi: assassino quando era attaccato all'occhio, malizioso sulla piega del sorriso, sbarazzino sul labbro superiore, sfrontato sul naso, ladro se applicato per nascondere le imperfezioni, discreto sul labbro inferiore. Né c'erano limiti alle forme dei nei: mezzaluna, stella, cometa, fiore.
In Italia il fulcro delle tendenze modaiole era Venezia, centro del commercio delle spezie orientali. Roma divenne celebre nel Rinascimento per i guanti profumati che forniva a tutte le corti d'Europa. Bologna e Napoli producevano specialmente saponi profumati e Genova era rinomata per l'acqua distillata di fiori d'arancio e per diverse essenze.
L'arte dava lustro ai progressi tecnici e ai multiformi contributi offerti alla cosmesi da più angolazioni. Cofani, vasi, flaconi, scatole riccamente ornate, cesellate, dipinte intarsiate, con lavori di oreficeria, ceramica e vetreria impreziosivano i corredi delle dame alla moda. L'Italia, per tutto il Rinascimento, fu il centro dell'eleganza e del buon gusto, da cui si diffusero i dettami della moda e dei prodotti cosmetici, formulati per soddisfare le nuove esigenze estetiche.
L'Italia rappresentava il ponte tra le conoscenze dell'antica tradizione, l'Oriente e l'Occidente, ritrovandosi all'avanguardia in tutte le espressioni di bellezza: dalle arti figurative all'adornamento cosmetico di viso e corpo, alla tecnica dell'elaborazione dei profumi.
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